Oggi vi racconto le mie esperienze culinarie in Giappone. Correva l’anno 2016, era appena cominciata la primavera e io partivo alla ricerca dei ciliegi in fiore e non vedevo l’ora di assaggiare tutti i piatti che avevo visto nei film, anime e manga giapponesi. 

Ci sono viaggi e mete dove gli elementi enogastronimici hanno una rilevanza maggiore, e sono in alcuni casi una delle motivazioni che spinge proprio verso tale meta. Il Giappone è indubbiamente uno di questi paesi. Negli ultimi anni ha registrato un incremento costante e sostenuto dei visitatori, molti dei quali guidati dal richiamo della tradizione culinaria del Sol Levante.

28 marzo – Tokyo – Okonomiyaki

E’ la mia prima sera in Giappone. Dopo un giro a Shibuya, quartiere iconico della città, io e la mia amica decidiamo di mangiare un Okonomiyaki. La traduzione letterale è “griglia ciò che vuoi”. Il piatto consiste in una sorta di frittata, a base di verza, farina di grano, acqua e uova, a cui è possibile aggiungere varie verdure, carne o pesce e condimenti a seconda dei propri gusti. Nel locale la preparazione è fai da te. Il tavolo presenta al centro una piastra sulla quale cuocere in autonomia il proprio okonomiyaki. Prima esperienza riuscita e divertente. Allego le prove fotografiche per i più dubbiosi

30 marzo – Tokyo – Yakitori-ya

Ci ritroviamo in un piccolo locale Yakitori-ya, ovvero ristorante che serve spiedini di pollo e verdure. Gli spazi sono stretti, le giacche e le borse finiscono in appositi contenitori sotto le sedie. Le tovagliette funzionano da menù, con immagini dei vari spiedini e piatti proposti, ci sono tutte ma proprio tutte le parti del pollo. Ci sistemano al bancone, vista griglia. La posizione mi fa sentire parte integrante del ristorante. Davanti a noi il cuoco, che mi sembra uscito da un manga, traffica sulle varie griglie urlando alle cameriere i prossimi spiedini pronti da servire direttamente sulla piastra d’acciaio del bancone. Gli spiedini sono buonissimi, e io mi sono innamorata del sapore agrodolce della salsa tare. Fidatevi, crea dipendenza!

01 aprile – Hyogo – Tsukasa Sushi

Sono appena arrivata con lo shinkansen, il treno veloce, a Hyogo, nella regione meridionale del Kansai, che include le prefetture di Kyoto e Osaka. Lasciati i bagagli in albergo scendiamo a fare un giro nei dintorni e trovare un posto dove mangiare. Passo davanti a un locale che ha tutta l’aria di servire del sushi. Il locale è pieno di giapponesi, non c’è nemmeno l’ombra di un menù in inglese, ma decidiamo di fermarci lì per cena, ci faremo guidare dalle immancabili immagini sul menù. Siamo nuovamente sedute al bancone, l’atmosfera è diversa dalle sere precedenti. Osservo rapita l’estrema destrezza dei due cuochi che preparano il sushi. Alla mia destra c’è un grande acquario, penso sia un elemento decorativo, fino a che non vedo uno dei due cuochi avvicinarsi e prelevare la sua prossima preparazione. Quando si dice cena a base di pesce fresco! E’ un locale frequentato per lo più dai abitanti locali. Non hanno bisogno del menù. Le tavole di legno poste sul muro dietro il bancone espongono i diversi tipi di sushi che è possibile ordinare. Mi piacerebbe poter ordinare come loro, ma devo accontentarmi di indicare le immagini alla cameriera, che mi sorride, un po’ sorpresa e divertita di averci come ospiti. Vicino a noi cena una coppia di signori. Il marito decide di sfoderare il proprio inglese e di intavolare una conversazione con noi, curioso di sapere da dove veniamo e cosa pensiamo del Giappone. Ad un certo punto chiama la cameriera e le fa portare due bicchierini. Non possiamo andarcene dal locale senza aver assaggiato il sake di Kobe. Mentre scrivo sorrido e ripenso con nostalgia a quella serata.

02 aprile – Hyogo – Ramen Taro

Il nostro viaggio sta per concludersi e non posso andarmene dal Giappone senza aver mangiato almeno un piatto di Ramen, i famosi tagliolini serviti in brodo di carne e accompagnati da verdure e carne. All’ingresso del locale c’è un distributore automatico, dove fare il proprio ordine. Scontrino alla mano entriamo nel locale, piccolo e raccolto. Ancora una volta siamo sedute al bancone, dietro 3 cuochi giovani e carini, che continuano a osservarci e discutere tra loro, ignari del fatto che la mia amica parli un po’ di giapponese e riesca a capire che stanno scommettendo sulla sua altezza, d’altronde una ragazza alta più di 1,80 m non passa di certo inosservata. Il ramen è ben oltre l’altezza delle mie aspettative. Me lo servono fumante, ma dopo quasi 10 giorni in Giappone ho imparato la lezione, aspetto pazientemente che si raffreddi un po’ per il bene del mio palato e delle mie papille gustative.

Quello che ho imparato è che in Giappone il cibo ha una funzione primaria e fondamentale. Il suo fascino non è legato solo ai sapori, all’esaltazione dell’umami, ma anche e soprattutto al momento conviviale e di condivisione a cui da vita. In tutti i ristoranti di cui vi ho parlato mi sono sentita parte integrante del processo di preparazione del cibo, ed è stata un’esperienza a 360 gradi, che consiglio assolutamente e che non vedo l’ora di ripetere.

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Ioana Pricop

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