pensando al Kenya

pensando

E adesso che ho l‘iPad, secondo voi, posso mancare di scrivere un post volando? Certo potevo farlo anche prima con un portatile, ma cosi.. È un’altra cosa.
Il volo Air Italy è decollato da Mombasa alle 10,40 con a bordo noi e le nostre 12 giraffe! Alcune piccole alcune giganti, come quella di Stefana e quella di Deghito che si è aggiunta al nostro giraffario all’ultimo momento. L’abbiamo reclutata al duty free dell’aeroporto, ce l’hanno tutta avvolta in un sacchetto giallo e adesso riposa distesa nella cappelliera in attesa di incontrare il suo papà. Dopotutto abbiamo soggiornato al Twiga che significa “Giraffa” appunto.

Siamo allegre, anche se il dispiacere di lasciare l’Africa è stato fortissimo stamattina.
La prima cosa che colpisce un viaggiatore che arriva a Mombasa è lo strano odore che si sente, odore di bruciato affumicato, un po’ di pollaio e di piante verdi, di umidità e di immondizia. Dappertutto un’umanità sempre indaffarata, scalza, indolente che cammina nell’oscurità totale ai bordi delle strade, che lascia bambini ovunque, timidi o festanti. Un paese difficile da vivere, difficile da migliorare. Avete mai notato con che cosa le donne ramazzano il pavimento di casa? Usano uno scopetto di paglia, ma senza manico. Fa caldo e loro ramazzano curve verso il pavimento di terra o di cemento. Le osservo da anni,ma ancora a nessuna è venuto in mente di metterci un manico di legno, un ramo a quello scopetto? Qualcuno di voi sa se esiste un motivo per questo?

Gli interrogativi sono tanti e immensi, le ricette incerte. Così noi ci limitiamo ad amare il Kenya, e riponiamo le nostre speranze per un futuro migliore per la sua gente nell’istruzione. Sarà poca cosa la nostra opera, rispetto alla dimensione del lavoro che ci sarebbe da fare, ma noi crediamo fortemente che sia buona cosa anche quel poco. Lo avete creduto con noi e adesso che il nostro aereo sorvola la Somalia e ci porta verso casa, riguardiamo commosse le foto che abbiamo scattato e ognuna ci racconta qualcosa di bello o di buffo.

Sì perchè nel viaggio ad Ukunda, c’è stato da ridere e da piangere, da abbracciare e da temere. Per esempio abbiamo escogitato un modo di comunicare tra noi che non fosse compreso nè da Mwatsetse, nè dal nostro autista, ambedue parlavano inglese e swaili e un pò d’italiano. Ci siamo messe a parlare piemontese, che ridere! Io non l’ho mai parlato in vita mia, ma lo capisco benissimo. Veniva fuori di tutto, e quando non sapevamo una parola io e Stefana ne inserivamo una in inglese o in francese, un nuovo europanto con i dialetti! Buffissimo!

L’aneddoto vi rende l’idea delle cautele che bisogna avere in questi casi, sembra strano lo so, ma anche andando a portare aiuto, non ci si può fidare di nessuno. Eravamo organizzate come una missione bellica, determinate e coraggiose, ma qualche brivido lo abbiamo avuto lo stesso, per esempio quando l’autista ha fermato il pulmino in un luogo che non c’ entrava niente e ci ha detto: “scendete!” Io e Stefana ci siamo scambiate un sguardo: “eh adesso noi che fine facciamo?”
Ma siamo state forti, anzi fortissime. Pensieri rapidi, lingua tagliente, tono deciso, un ottimo team.

controllo delle gomme

gonfiamo la gomma di scorta

Pensate che alla partenza ci siamo fermati a fare benzina e controllare la ruota di scorta (per farlo hanno scaricato tutte le scatole) in quel momento Mwatsetse ci presenta un tale come suo cugino e chiede se possiamo dargli un passaggio fino a Ukunda. Io,decisa come un generale, riispondo con un chiaro e forte : no!
In quel momento mi sento cattiva, ma so di fare la scelta giusta, non possiamo correre rischi, nè noi, nè il carico per i bambini.
Meatsetse sembra aver capito chi comanda, appunto “sembra”. Prima dell’imbarco sul traghetto a Mombasa, Mwatsetse scende senza dire parola. Sul pulmino un caldo soffocante, non possiamo scendere e non possiamo aprire i finestrini, è pericoloso. Si stringono intorno a noi, venditori, gente di tutti i tipi. “ma dove è andato?” chiediamo all’autista, “a fare pipì” risponde lui.

Siamo arrabbiatisime, stare ferme lì è pericoloso, il traffico è pazzesco, è tardi e fa caldo da morire. Strapazziamo l’autista che cerca di chiamarlo al cellulare, ma ancora Mwastetse non si vede. Siamo veramente 4 gritte inferocite, allora Stefana intima all’autista di partire lasciando Mwatsetse lì. Urla: “parti parti! Abbiamo pagato e adesso tu fai come diciamo noi capito?” le diamo subito man forte: “Parti parti!!”
Mwatsetse sale sul pulmino al pelo e praticamente lo disintegriamo a suon di rimbrotti, ” Ma dico sei scemo??”
Lui ammutolisce e rimane in silenzio fino ad Ukunda, ragazzi qui non si scherza.

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Nuccia Faccenda

Personal Travel Assistant
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2 Comments

  • Giornata indimenticanbile! Penso e ripenso all’evolversi della giornata e degli eventi…..sono molto orgogliosa di noi. Siamo riuscite a mentenere il sangue freddo quando era necessario, ma ci siamo sciolte come dei gelati al sole davanti alla dolcezza dei bambini gioiosi…….un po’ di lacrime non sono mancate (siamo donne…e….ne sono orgogliosa), ma siamo state dure e ferme quando è stato necessario.

    Un ringraziamento a Nuccia per avermi reso partecipe di questo progetto

    Un bacio ed un abbraccio alle mie compagne di viaggio

  • Sono io che devo ringraziare te Stefana, sei stata preziosissima per me e per la missione che abbiamo portato a buon fine. Il tuo apporto è stato fondamentale, mi hai dato un grande sostegno morale e pratico, la sintonia tra noi è stata eccezionale e ci ha reso più forti e determinate.
    Naturalmente è stato prezioso anche l’aiuto di Milly e Giulia, soprattutto quando abbiamo dovuto dividerci in due micro pattuglie.
    Grazie a tutte voi!

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