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La parola della vita che Liz sceglie per sè è “imbàrcati“: prendi coraggio e tuffati nell’avventura. La visione del film , in questo mio pomeriggio agostano, era quel che ci voleva: viaggi, amore, bellissimi paesaggi e il riaffiorare di tanti ricordi.

Tratto dal bestseller di Elizabeth Gilbert e diretto dal regista Ryan Murphy, Mangia Prega Ama ne è una trasposizione leggera, piacevole, ma che sfiora appena i temi complessi del romanzo che adesso ho una gran voglia di leggere.

Copertina

il romanzo

Liz Gilbert  (Julia Roberts) ha una bella casa a New York, un matrimonio fresco, una carriera di successo. Ma improvvisamente scopre che tutto questo non è quello che vuole e che per capire cosa cerca davvero dovrà lasciare tutto e tornare dallo sciamano balinese che le ha messo la pulce dell’insoddisfazione nell’orecchio, passando per Roma, dove vuole imparare a godersi la vita partendo dall’apprezzamento del buon cibo, e dall’India, dove vuole imparare a pregare.

La parte in cui Liz è in Italia è piuttosto inutile, solo buon cibo: spaghetti e vino. Più curiosa, la parte in India, ma tutto avviene poi a Bali, storia d’amore compresa.

Le risaie verdissime, le casette senza pareti e con i tetti in makuti, i giardini fioriti, mi sembrava di esserci tornata! Avevo dimenticato le bibite vendute nei sacchettini di plastica in cui si infila la cannuccia, mentre ricordavo benissimo i tempietti sempre adorni di offerte, le donne che intrecciano piccoli cestini di foglie, i galli che i balinesi curano di fronte alle loro piccole case e il pesce cucinato alla griglia stretto nella rete a maglie larghe delle recinzioni. Mi sembra di sentire ancora quei profumi.

Ah! Va bene, oggi è il giorno della “saudade” di quella deliziosa malinconia che ti prende quando pensi ai luoghi lontani che hai vissuto e in cui sei stato molto felice. Bali è davvero un’isola magica, piccola, ma che offre grandi emozioni, è uno dei luoghi da visitare assolutamente nella vita.

Un’altra cosa nel film mi è piaciuta: mentre Liz è in India, la incaricano di accogliere un gruppo di viaggiatori e la nominano “La ragazza zucchero filato” per sottolineare la dolcezza e la pazienza che dovrà dimostrare ai nuovi venuti.

Ecco questa potrebbe essere la nostra parola della vita per me, per Samy, per chi si occupa di turismo. Saremo le vostre  ragazze zucchero filato.

O lo siamo già, che dite?

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Nuccia Faccenda

Personal Travel Assistant
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